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I contenuti di questa pagina non devono essere considerati come esaustivi e non vanno intesi come strumenti di autodiagnosi , automedicazione e autoistruzione. Per maggiori dettagli o in caso di situazioni di disagio consultare sempre uno specialista

TRASFERIRSI ALL’ESTERO

“Se parti, sai cosa lasci ma non sai quello che trovi.”

Prima di parlare delle implicazioni emotive di un trasferimento, nello specifico di un trasferimento all’estero, è opportuno fare alcune precisazioni sul concetto di cambiamento.

Ogni cambiamento fa paura. Cambiare, infatti, significa molto spesso fare un salto nell’ignoto, uscire dalla propria “comfort zone“. Istintivamente, riconosciamo più sicuro solo ciò che abbiamo in qualche modo sempre, o quasi, provato, mentre quello che non si è mai provato porta ad un senso di insicurezza ed instabilità.

Questo avviene generalmente non solo quando c’è un salto nell’ignoto, in cui quindi non si sa se esso avrà delle conseguenze positive o negative.  Ma anche quando magari non vi è una vera e propria incognita in quanto già si sa, almeno in termini probabilistici, che le conseguenze possono essere positive, in quanto comunque esso rappresenta sempre e comunque un cambiamento e quindi come tale fa quasi sempre paura.

Tuttavia, cambiare significa, innanzitutto, darsi nuove possibilità.

Al giorno d’oggi,  la scelta dei giovani (e non solo) di aprirsi a nuove esperienze viene spesso a coincidere con il trasferimento all’estero.

Le motivazioni che inducono all’espatrio possono essere le più svariate. Dal desiderio del nuovo, di arricchire la propria formazione e le proprie competenze professionali, a quello di evadere da una situazione avvertita come troppo costrittiva e asfissiante,  alla semplice volontà di seguire il partner o un familiare o di andare in contesti in cui si presume che la qualità della vita sia migliore oppure alla ricerca di un lavoro che magari non si trova nel proprio paese.
Anche se si è soliti pensare che chi opta per il trasferimento perché in cerca o costretto a cercare una via di fuga abbia più difficoltà ad elaborare l’emozione positiva del distacco, anche coloro che espatriano perché in cerca di nuovi stimoli e motivazioni possono scontrarsi con disagi psicologici più o meno importanti (anche se tuttavia non sempre fortunatamente questi si verificano).

Quali sono le incidenze emotive di un

trasferimento all’estero?

Le incidenze emotive possono riguardare tre fasi:

  1. Preparazione
  2. Insediamento
  3.  Adattamento

FASE DI PREPARAZIONE: La scelta di espatriare è solitamente accompagnata da diversi sentimenti che dipendono anche dal motivo per il quale ci si sta accingendo ad andare via. Ci possono essere stati di euforia,  stati di ansia , possibili attacchi di panico , altre forme di disagio oppure l’insieme di più aspetti. In questo caso si può parlare di  dissonanza cognitiva (ossia di compresenza di due o più cognizioni o pensieri che risultano in contraddizione tra loro, la qual cosa genera disagio psicologico).

Infatti anche chi parte per una scelta non obbligata, che farebbe pensare esclusivamente a uno stato di esclusiva euforia, potrebbe essere soggetto a stati di disagio in quanto comunque il partire stesso implica un processo decisionale (già di per se sempre difficile) di cambiamento che come detto prima tende comunque quasi sempre a spaventare.

FASE DELL’INSEDIAMENTO: Quando il trasferimento è definitivo, si deve fare i conti con una separazione oggettiva: da luoghi, relazioni, abitudini, clima, sapori e molto altro. La più ricorrente condizione psicologica è, quindi, la solitudine, ma non è insolito incorrere in forme di depressione o altri disagi più o meno forti a seguito di una sorta di “shock culturale” cui si va incontro stabilendosi in territori, sino ad allora, ignoti per lingua e consuetudini anche qualora magari ci si è stati già precedentemente anche solo per vacanza. Ma una vacanza è tutt’altra cosa.

FASE DI ADATTAMENTO:
La nostalgia del luogo d’origine, delle abitudini e degli affetti

Come cercare di prevenire le incidenze emotive di un

trasferimento all’estero?

Per evitare lo shock culturale, può essere utile iniziare ad apprendere lingua e usi del nuovo paese, in modo da limitare gli ostacoli dell’adattamento ( e stimolare la propria curiosità e voglia di esperienze). Per scongiurare l’isolamento, una  strada utile potrebbe essere quella di frequentare le persone del posto e stringere nuovi legami, così come coltivare i propri interessi esplorandone, contemporaneamente, di nuovi. Bisogna, dunque, allenare se stessi all’apertura verso sempre nuove possibilità.

Non escludere a priori un ritorno. Nessuna scelta deve e può dirsi veramente definitiva: l’importante è mantenere un atteggiamento ottimistico ma allo stesso tempo non imporsi di non dover tornare per paura magari del giudizio altrui o perchè ciò possa essere vissuto come un fallimento. Così facendo questo può evitare il manifestarsi di alcuni disagi e allo stesso tempo non precludersi nessuna possibilità.

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