IMPORTANTE
I contenuti di questa pagina non devono essere considerati come esaustivi e non vanno intesi come strumenti di autodiagnosi , automedicazione e autoistruzione. Per maggiori dettagli o in caso di situazioni di disagio consultare sempre uno specialista

La superstizione fa parte della nostra vita, che sia per semplice gioco o perché si crede davvero che esista qualcosa di “magico” che possa influenzare la nostra giornata. Chi non ha mai letto ad esempio un oroscopo, o non ha mai storto il naso leggendo sul calendario “venerdì 17“?

Molte persone sono superstiziose e lo sono indipendentemente dalla loro cultura (anche se spesso la cultura gioca un ruolo importante), etnia, classe sociale o professionale. Ritroviamo le superstizioni in tutte le popolazioni del mondo e in una grande varietà di forme.

Questa caratteristica umana ha incuriosito non pochi studiosi del comportamento, i quali hanno cercato di approfondire questo fenomeno, scoprendo cose molto importanti e anche affascinanti.

Quando adottiamo un comportamento superstizioso ci aspettiamo che se quell’evento accade qualcosa ci accadrà. In realtà, questo accade di rado e la statistica ce lo dimostra. Di conseguenza, la relazione tra evento superstizioso ed conseguenza attesa è del tutto casuale. Infatti, ad esempio, ci possono capitare diverse disgrazie ma solo ben poche saranno precedute da un gatto nero che ci atttraversa la strada oppure ci può non accadere nulla anche se un gatto nero ha attraversato la strada.

Sembra esserci quindi un errore di pensiero ovvero un proprio bias cognitivo (Fonte wikipedia)

Non è vero ma un po’ ci credo!

Secondo lo psicologo Stuart Vyse «la superstizione è un’azione in contrasto con la scienza». Eppure milioni di persone in tutto il mondo continuano a credere che venerdì 13 porti sfortuna, che vedere un gatto nero sia un cattivo presagio e che toccare ferro porti bene.

Molte persone dicono di non credere alla scaramanzia ma poi alla fine non è proprio così. Questo perché probabilmente le superstizioni ci sono trasmesse  fin da bambini e fanno parte della tradizione popolare, svolgendo quindi un ruolo importante nel basilare processo di socializzazione. In aggiunta a ciò, c’è poi il fatto che viviamo in un mondo in cui non è possibile riuscire sempre a controllare tutto e, di conseguenza, le superstizioni diventano una sorta di rassicurante meccanismo di controllo per ridurre l’ansia e fare in modo che tutto funzioni nel modo giusto. Un altro aspetto interessante delle credenze popolari è la loro natura apparentemente arbitraria. Non c’è un riscontro razionale nell’avversione per il 13 o per i gatti neri o nel fatto che non si debba passare sotto ad una scala ma si è portati a crederci comunque, per il timore che, sfidando il destino, possa capitare qualcosa di ancora più brutto.

Come si manifesta

La scaramanzia può esprimersi attraverso comportamenti. Come, per esempio, non attraversare la strada se è passato in precedenza un gatto nero, oppure “toccare ferro” per scongiurare una sventura. Ma non solo. La scaramanzia consiste anche nel credere che uno specchio rotto possa portare 7 anni di sventura, o che un certo numero sia sfortunato.

In certi casi, per combattere la sfortuna e tentare di attrarre la buona sorte, si utilizzano oggetti cosiddetti portafortuna, come amuleti o i classici cornetti rossi, o oggetti personali a cui si attribuisce questo potere.

Quando la superstizione diventa un problema

Il rito scaramantico come sopra descritto è di per sé innocuo. Ma ci sono casi in cui l’ossessione per la scaramanzia assume le caratteristiche di un disagio psicologico o di una patologia. Eccone alcuni:

  •  la paura della sfortuna è così forte da indurre a non svolgere le normali attività. Come ad esempio non uscire di casa di venerdì 17, neanche per andare a lavorare.
  •  il gesto scaramantico diventa ossessivo, cioè irrinunciabile, e se non viene fatto scatena un’ansia intensa.
  •  pretendiamo che anche le persone che frequentiamo abitualmente compiano gli stessi gesti scaramantici, alterandoci se non lo fanno; questo porta spesso all’isolamento o all’emarginazione.

Si tratta di situazioni che certamente non permettono di vivere serenamente la propria quotidianità.  Ecco allora che la scaramanzia diventa un vero e proprio problema da affrontare con uno specialista.

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